I redenti e i dannati by Thomas Kaufmann
autore:Thomas Kaufmann [Kaufmann, Thomas]
La lingua: ita
Format: epub
ISBN: 9788858429228
editore: Einaudi
pubblicato: 2018-08-27T16:00:00+00:00
5.2. L’Interim di Augusta e il vuoto dopo la morte di Lutero.
Nell’Impero, in cima all’agenda politica si trovava la questione religiosa. Dato che, nel contesto del 1547-48, il concilio a Bologna non era funzionale alla politica imperiale, Carlo V [tav. 18] cercò di raggiungere il suo scopo principale, il ripristino dell’unità della Chiesa, attraverso una strategia politico-religiosa che riguardasse soltanto l’Impero. Una commissione di teologi – di cui faceva parte anche un evangelico, per quanto molto discusso, come il predicatore brandeburghese Johann Agricola – elaborò un documento che stabilí quale forma dovesse assumere la religione nell’Impero fino alla conclusione del concilio. Per il suo carattere di provvisorietà, esso veniva abitualmente chiamato Interim di Augusta. Di fronte a questo testo legislativo le opinioni si divisero: nell’ambito del protestantesimo tedesco esso scatenò serie reazioni di rifiuto, che si manifestarono nelle controversie pubblicistiche piú animate dagli inizi della Riforma.
Dal punto di vista del contenuto dottrinario, l’Interim era un documento piuttosto cattolico. Nell’esporre la dottrina della giustificazione, che costituiva il nucleo identitario della teologia di Wittenberg, veniva dato il massimo rilievo alla grazia divina «infusa» (gratia infusa), che stimola alle «buone opere», inducendo dunque tutti quei comportamenti che, secondo Lutero, avevano completamente guastato il rapporto con Dio. Nella dottrina della Chiesa veniva attribuito un ruolo importante alla gerarchia romana, e con essa al diritto canonico, che contribuiva a darle stabilità. Soltanto in un certo qual riserbo a proposito delle messe private e nel riconoscimento del matrimonio dei preti e del «calice ai laici» furono tenuti in chiara considerazione temi protestanti. Nonostante decise reazioni da parte sia cattolica sia protestante, Carlo V inserí il documento, che non era sufficientemente legittimato, nel recesso della Dieta imperiale e lo dichiarò legge religiosa vincolante per gli Stati evangelici dell’Impero. Fra quanti avevano a cuore la teutsche Libertät, la libertà tedesca, nessuno poteva rimanere indifferente di fronte alla pretesa, da parte del capo dell’Impero, di risolvere la questione religiosa con un obbligo di legge, ricorrendo al proprio potere assoluto.
In un certo senso, con l’Interim Carlo V si comportò nei confronti dell’Impero come i signori territoriali protestanti, i re scandinavi o inglesi, avevano fatto nei loro rispettivi regni: come se dipendesse tutto solo dal suo potere. Anche se l’Interim fosse stato dichiarato valido solo per gli Stati protestanti, la procedura in sé, vale a dire la promulgazione di un ordinamento che riguardava la Chiesa da parte di un rappresentante dell’ordo politicus, sarebbe stata un’infrazione palese del diritto canonico. Il fatto che il papa avesse conferito all’Interim parvenza di legalità, offrendo una dispensa per le norme non compatibili con il diritto canonico, in particolare il «calice ai laici» e l’abolizione del celibato dei preti, non facilitò le cose a quei contemporanei dotati di rigorosa sensibilità giuridica. In ogni caso, l’Interim non produsse l’agognata unità nella questione religiosa. Un’opposizione aperta o nascosta, cui l’imperatore reagí su vasta scala, fece apparire chiaro che egli aveva fatto il passo piú lungo della gamba, sottovalutando la forza d’inerzia sovraconfessionale degli Stati. Alla fine Carlo V
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